La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 31420 del 02/12/2019, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione concernente la natura, i limiti e l'opponibilità del diritto d'uso esclusivo sui beni comuni condominiali.
Beni comuni
Per “beni comuni” condominiali, ai sensi dell’art. 1117 c.c., si intendono gli spazi ad uso comune facenti parte di un edificio in condominio, tra cui il lastrico solare, il tetto, il suolo, le scale, i portoni, gli androni, i muri perimetrali, i cortili ed in generale tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune.
Riguardo l’uso che ciascun condomino può fare delle parti comuni, la norma di riferimento è l’art. 1102 del Codice Civile, che stabilisce che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
È previsto, inoltre, che ciascun partecipante alla comunione possa apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge e dal regolamento condominiale.
Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione, alcuni condòmini rivendicavano la proprietà dei cortili esterni, ritenuti di pertinenza esclusiva dei propri locali al piano terra e utilizzabili solo da loro, mentre gli altri condomini si opponevano affermando che si trattasse di spazi comuni, come tali fruibili da tutti.
Diritto d'uso esclusivo
La questione controversa, come rileva la Seconda Sezione, riguarda la natura giuridica e la portata del “diritto d’uso” dei singoli condomini sui beni condominiali, se, in particolare, possa farsi rientrare nella disciplina di cui all’art. 1021 c.c. oppure abbia diversa natura giuridica.
Quest’ultima norma, in particolare, disciplina il diritto d’uso su qualsiasi tipo di bene, anche fruttifero, per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia; infatti, in base a precedenti pronunce della Cassazione, non può ricondursi a tale fattispecie il diverso vincolo “di uso esclusivo” di una parte di beni comuni, a favore di una singola proprietà, previsto nell’atto costitutivo del condominio.
Una prima differenza sta nel fatto che l’uso esclusivo dei beni condominiali si trasmette anche agli eredi ed aventi causa del proprietario originario, mentre il diritto d’uso di cui all’art. 1021 si estingue con la morte del beneficiario.
Prassi notarile
Tale distinzione, precisa la Cassazione, è in linea con la prassi notarile, che tende ad attribuire all’uso esclusivo sulle parti comuni la natura di diritto perpetuo e trasmissibile.
La questione, cui occorre dare soluzione, riguarda la possibilità di regolare i diritti reali (cioè i diritti sui beni) attraverso l’autonomia privata, mediante rapporti contrattuali; in particolare, per quanto concerne l’argomento oggetto della sentenza, se possa regolarsi in modo diverso il diritto d’uso di cui all’art. 1021 c.c., adattandolo alle esigenze dei beni condominiali.
Sull'argomento vengono chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite della Cassazione, di cui, pertanto, attendiamo la sentenza che detterà i principi in materia.