Nelle trattative di compravendite immobiliari, concluse attraverso la figura del mediatore, tra gli obblighi di quest’ultimo vi è il dovere di informativa dei clienti: a tal proposito, l’art. 1759 del Codice Civile, al I comma, dispone che il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso.
Soprattutto nella fase degli accordi preliminari, infatti, è importante che vengano posti in evidenza tutti i possibili vincoli giuridici che rendono il bene inalienabile, o che potrebbero esporre l’acquirente al rischio di azioni di rivendica o di risarcimento danni da parte di terzi.
Immobile pervenuto per donazione
Tra questi casi rientra l’ipotesi di immobile pervenuto al venditore per effetto di donazione, fattispecie di cui si è occupata spesso la Corte di Cassazione, trattandosi di ipotesi frequente, che dà adito a contenziosi tra le parti contrapposte nella compravendita.
Accade, infatti, che a seguito della stipula del preliminare, il promissario acquirente possa venire a conoscenza del fatto che l’immobile oggetto d’acquisto sia pervenuto al venditore tramite donazione, esponendo, così, il compratore, al rischio di possibili rivendiche da parte di altri eredi o aventi diritto sul bene.
Vincoli sull'immobile
Già nella sentenza n. 965 del 16 gennaio 2019 la Suprema Corte rilevava che la donazione è un atto che, per come configurato nell’ordinamento giuridico, ostacola la successiva circolazione dei beni oggetto di donazione; basti pensare all’azione di riduzione che gli eredi possono esercitare per reintegrare l’asse ereditario, oppure al fatto che il sistema bancario non concede credito garantito da ipoteca, se l’immobile offerto in garanzia è stato acquistato a titolo gratuito.
Per questa ragione, i giudici di legittimità affermavano il principio secondo cui la provenienza da donazione costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, rientrante nel novero delle circostanze influenti sulla conclusione di esso, che il mediatore deve riferire ex art. 1759 c.c. alle parti.
Ciò in linea con i precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. n. 16382/2009), secondo cui “il mediatore tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti, ha l’obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede, e di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza da lui esigibile. Tra queste ultime rientrano necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sull'eventuale contitolarità del diritto di proprietà in capo a più persone, sull’insolvenza di una delle parti, sull’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, sull’esistenza di prelazioni od opzioni concernenti il bene oggetto della mediazione”.
Rifiuto di stipulare il contratto definitivo
Di recente la Cassazione è intervenuta nuovamente sull’argomento, affermando, con l’ordinanza n. 32694/2019 pubblicata il 12 dicembre 2019, che "in tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per se stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale, essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi”.
L’art. 1481 c.c., richiamato nell’ordinanza, stabilisce che il compratore può sospendere il pagamento del prezzo quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia; il secondo comma dispone che il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita.
Eccezione d'inadempimento
Il rimedio sancito dall’art. 1460 c.c. è l’eccezione d’inadempimento, che consente a ciascun contraente di rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria.
Secondo la Cassazione, dunque, in base a tale ultima norma, il promissario acquirente può rifiutarsi di stipulare il rogito definitivo, se, dopo la stipula del preliminare, è venuto a conoscenza dell’esistenza di vincoli o altri impedimenti sul bene, quale può essere la titolarità del bene in capo al venditore per effetto di donazione, salvo che quest’ultimo, ed eventualmente il mediatore, dimostrino di essersi comportati secondo correttezza e buona fede.