Quando si parla di “titoli esecutivi” si fa riferimento a provvedimenti, di natura giudiziale o equipollente, che, una volta emessi, consentono al soggetto che li ha ottenuti di perseguirne gli effetti, anche contro la volontà della parte tenuta all’obbligazione riconosciuta nel provvedimento.
Fase esecutiva
Per chiarire meglio, diciamo che i titoli esecutivi giudiziari, cioè le sentenze ed i decreti ingiuntivi emessi dai giudici in materia civile, possono essere posti in esecuzione nei confronti della parte soccombente nel giudizio, rivolgendosi agli ufficiali giudiziari, organi dell’apparato di giustizia, la cui funzione è proprio quella di consentire al soggetto vittorioso di ottenere gli effetti del provvedimento giudiziario.
Ciò, in concreto, avviene normalmente attivando la “fase esecutiva”, cioè il pignoramento dei beni del debitore o, negli altri casi, nel porre in essere attività che obbligano la parte soccombente ad adempiere quanto contenuto nella sentenza (pensiamo all’esecuzione degli sfratti).
Condanna della parte soccombente
A tal proposito, la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 18572/2019, ha ribadito il principio consolidato, secondo cui, per potere assurgere a titolo esecutivo, un provvedimento giudiziale deve contenere una condanna, quanto meno implicita, non potendo quindi mai essere tale una sentenza dichiarativa (ovvero di mero accertamento) quale quella pronunciata in un giudizio che abbia ad oggetto l’accertamento e la dichiarazione di un determinato diritto.
Ciò perché al concetto stesso di esecuzione forzata è connaturata la sostituzione da parte dell’ordinamento, attraverso i suoi organi e cioè il complesso degli agenti dell’esecuzione (ufficiali giudiziari ed altri ausiliari del giudice dell’esecuzione, oltre – beninteso – quest’ultimo ed il suo ufficio), nella condotta che l’obbligato originario è – espressamente o almeno implicitamente – condannato a tenere in forza di un titolo in tali sensi, solo in tal modo potendo questo qualificarsi appunto esecutivo.
Il significato di tale affermazione è che non tutte le sentenze possono essere poste in esecuzione, poiché non sempre il giudice condanna una delle parti in causa a compiere una determinata attività; può darsi, infatti, che, su richiesta del ricorrente, il giudice si limiti ad accertare l’esistenza di un diritto, dunque la fase esecutiva non ha ragione d’essere.
Esecuzione in forma specifica dei contratti
Lo stesso dicasi per i contratti non conclusi, a causa dell'inadempimento di una delle parti; si pensi all’ipotesi del contratto preliminare di compravendita, non perfezionato con il rogito perché una delle parti si è tirata indietro.
In questi casi l’art. 2932 c.c. prevede la possibilità di ricorrere all’istituto dell’ “esecuzione in forma specifica”, in base al quale se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
Anche a questo riguardo la Cassazione, nell’ordinanza suddetta, ha affermato che l’esecuzione in forma specifica si articola nella sostituzione, da parte dell’ordinamento, al debitore condannato nella prestazione inadempiuta oggetto della relativa condanna.
Una tale sostituzione, precisa la Suprema Corte, è possibile a due condizioni: in primo luogo, che la prestazione sia, per sua natura, tale da potere essere attuata indifferentemente sia dall’obbligato originario che per mezzo dell’attività sostitutiva di un qualunque altro soggetto con identico effetto satisfattivo per il creditore; in secondo luogo, che nessuna attività materiale che implichi la cooperazione specifica dell’obbligato originario può essere oggetto di coercizione sulla sua persona.
Nell’esempio del contratto preliminare di compravendita di un immobile l’esecuzione in forma specifica è possibile in quanto, con la sentenza che accerta l’obbligo di concludere il contratto definitivo, la parte vittoriosa può ottenerne gli effetti provvedendo alla registrazione del provvedimento giudiziario presso la Conservatoria dei Registri immobiliari, senza alcun coinvolgimento del soggetto inadempiente, al quale tuttavia occorre notificare gli atti del relativo giudizio.