Quali sono le tipologie di sfratto?
Le più importanti procedure di sfratto sono fondamentalmente due:
- sfratto per finita locazione sancito dall'art. 657 c.p.c. che si avvia alla scadenza del contratto di locazione, assieme ad una citazione contestuale per la convalida. Come suggerisce la parola stessa, tale procedimento è applicabile quando, in base al contratto stesso o a causa di atti quali la disdetta, è esclusa la tacita rinnovazione del contratto.
- sfratto per morosità di cui all'art. 658 c.p.c. il quale si domanda per il mancato pagamento del canone di locazione alle scadenze stabilite. La particolarità del procedimento consiste nel fatto che, in tal caso, il locatore può chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti.
Occorre sottolineare che per adire queste procedure è sempre necessaria la presenza di un contratto scritto. La sua assenza è infatti ostativa alla convalida, in quanto impedisce al Giudice di verificare le condizioni per accogliere la domanda, incluso il riscontro dell’importo del canone dovuto, della dedotta inadempienza e, quindi, della gravità della mora rilevante ai fini della risoluzione del contratto.
Come si intima lo sfratto?
L’intimazione di sfratto deve essere notificata a mezzo citazione a comparire ad udienza secondo le norme degli artt. 137 e ss., c.p.c., anche nei locali oggetto di locazione se il conduttore vi ha eletto domicilio, dato che tale elezione non è vietata dall’art. 660, c.p.c.
Se l’intimazione non viene notificata in mani proprie (o a mezzo PEC), l’ufficiale giudiziario deve inviare un avviso all’intimato tramite lettera raccomandata e allegare la ricevuta di spedizione all’originale dell’atto (art. 660, comma VII, c.p.c.).
Sul punto si rileva che l’invio dell’avviso è imprescindibile anche quando la notifica è eseguita tramite servizio postale, se c'è incertezza sulla conoscenza dell’intimazione da parte del destinatario.
Le parti si costituiscono in giudizio depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione di notifica o la comparsa di risposta, anche in udienza (art. 660, comma V, c.p.c.). Ai fini dell’opposizione e delle attività previste dagli articoli 663 a 666, c.p.c., è sufficiente la comparizione personale dell’intimato (art. 660, comma VI, c.p.c.).
Cosa succede se l'inquilino si oppone?
Se l’intimato non compare e/o non si oppone, il Giudice convalida la licenza o lo sfratto (art. 663, comma I, c.p.c.).
Nel caso in cui il locatore non compaia all’udienza fissata, gli effetti dell’intimazione cessano (art. 662, c.p.c.). La mancata comparizione del locatore fa perdere all’intimazione tutti gli effetti processuali, inclusa la possibilità di diventare titolo esecutivo e la trasformazione del procedimento in un ordinario giudizio di cognizione, poiché la citazione contenuta nell’intimazione non conserva il carattere di atto autonomo.
Ove invece il conduttore dovesse comparire in udienza richiedendo il “termine di grazia” per sanare la morosità, riconoscerebbe implicitamente il debito, manifestando una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida. Se l'intimato compare e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto.
Se l’intimazione di sfratto è stata convalidata in assenza dell’intimato, questi può farvi opposizione solo dimostrando di non aver avuto tempestiva conoscenza della citazione per irregolarità della notificazione o, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non sia potuto comparire all’udienza per caso fortuito o di forza maggiore.