In materia societaria e fallimentare, un argomento molto discusso riguarda l’assoggettabilità al fallimento delle cooperative a scopo mutualistico o a mutualità prevalente, la cui definizione è contenuta nell’art. 2512 del Codice Civile.
Art. 2512 c.c.
In base a tale norma, a caratterizzare le cooperative mutualistiche è l’attività, che deve essere svolta prevalentemente in favore di soci, consumatori o utenti di beni e servizi, oppure deve avvalersi, prevalentemente, delle prestazioni lavorative dei soci o degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.
Lo scopo principale dell’attività delle cooperative mutualistiche, pertanto, non è quello di conseguire un utile, quanto quello di remunerare i soci che prestano all’interno la propria attività o conferiscono beni o servizi.
La Corte di Cassazione ha, tuttavia, più volte affermato che non si può escludere lo svolgimento di attività commerciale da parte delle cooperative, anche se all’interno del proprio statuto è specificato lo scopo mutualistico.
Lucro oggettivo
Nella sentenza n.6835/2014 è stato sostenuto che, per la qualificazione di un'impresa commerciale, ciò che rileva, accanto all'autonomia gestionale, finanziaria e contabile, è il perseguimento del “lucro oggettivo”, ossia il rispetto del criterio di economicità della gestione, quale tendenziale proporzionalità di costi e ricavi, almeno nel medio-lungo periodo; rimane, invece, giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, il quale riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività.
Non è, dunque, il fine mutualistico che esclude in sè la natura di imprenditore commerciale di una cooperativa, dato che l'art. 2545 terdecies c.c., ne prevede espressamente la dichiarazione di fallimento, così riconoscendo che queste possono svolgere anche un'attività commerciale.
Proporzione tra ricavi e costi
Tali principi sono stati recentemente confermati dalla Cassazione, con l’ordinanza n. 3202/2019, nella quale è stato precisato che ai fini dell'assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa, l'indagine circa la natura imprenditoriale della sua attività può essere concentrata in via esclusiva sui dati di bilancio, qualora dagli stessi emerga una sproporzione tra ricavi e costi di dimensioni tali da essere oggettivamente incompatibile con la prevalenza di uno scopo mutualistico.
In particolare, nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, una cooperativa, definita per proprio statuto “a scopo mutualistico”, era stata dichiarata fallita dal Tribunale competente territorialmente, su ricorso di alcuni creditori; alla sentenza dichiarativa di fallimento si era opposta la cooperativa, eccependo la non assoggettabilità a fallimento, attesa la natura mutualistica della società.
Il caso
La Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d’appello, ha rilevato che dagli ultimi bilanci depositati era emersa una sproporzione tra ricavi e costi di dimensioni tali da essere oggettivamente incompatibile con la prevalenza di uno scopo mutualistico e che, ai fini dell'assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa, l'indagine circa la natura imprenditoriale della sua attività potesse essere concentrata in via esclusiva sui dati di bilancio.
Nello specifico erano stati esaminati "i dati di bilancio, non contestati, da cui risultano per il 2012 ricavi per Euro 711.000,00 e costi per Euro 2.033.727,00, nel 2011 ricavi per Euro 1.657.758,00 e costi per Euro 2.362.469,00”.
Sia l’entità dei ricavi e dei costi, sia la sproporzione tra dette voci di bilancio si erano dimostrati criteri sufficienti per la dichiarazione di fallimento della cooperativa, potendo così escludersi la natura prevalentemente mutualistica della stessa.