Negli acquisti di beni è frequente imbattersi in difetti o vizi della cosa oggetto di compravendita; in tal caso se il problema emerge già al momento della consegna e viene riscontrato anche dal venditore l’acquirente ha diritto alla sostituzione del bene o, in mancanza, al rimborso del prezzo.
AZIONI EDILIZIE
Nel caso in cui sorgano controversie in ordine alla responsabilità per i vizi il nostro ordinamento prevede un particolare tipo di azioni giudiziarie che l’acquirente può esercitare a sua difesa, le cosiddette azioni “edilizie”, disciplinate agli artt. 1490 e seguenti del codice civile.
In base a queste norme il venditore di un bene è tenuto alla garanzia “per evizione”, cioè risponde dei vizi del bene venduto, tali ad renderlo inidoneo all’uso o da diminuirne in modo sensibile il valore.
La garanzia per i vizi è soggetta ad un doppio termine per poter essere fatta valere: essa, infatti, opera purché l’acquirente denunci i vizi entro otto giorni dalla scoperta, salvo diversi termini stabiliti dalle parti, mentre la relativa azione giudiziaria si prescrive in un anno dalla consegna del bene.
Una volta denunciati i vizi nel termine di otto giorni l’acquirente può scegliere di chiedere la risoluzione del contratto (azione edilizia cosiddetta “redibitoria”) oppure chiedere la riduzione proporzionale del prezzo del bene; in entrambi i casi il venditore è tenuto comunque al risarcimento dei danni.
ONERE DELLA PROVA
Come per tutte le azioni giudiziarie anche in queste ipotesi chi agisce, quindi l’acquirente del bene, deve dimostrare i presupposti della sua domanda; sul punto, tuttavia, si è dibattuto, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, se l’onere della prova debba ricadere sul compratore o sul venditore.
Nel primo caso, l’acquirente sarebbe tenuto a dimostrare l’esistenza dei vizi o difetti del bene acquistato, mentre nel secondo il venditore dovrebbe dimostrare di aver adempiuto esattamente la prestazione.
LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE
A dirimere il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 11748 del 03/05/2019, giunta a conclusione di un contenzioso sorto tra una società, successivamente fallita, che aveva venduto una partita di accessori per la casa ad un’altra società, la quale si era rifiutata di pagarne il corrispettivo, sostenendo che i beni fossero danneggiati.
Le Sezioni Unite, nel ripercorrere gli alterni orientamenti giurisprudenziali, si sofferma anzitutto sugli elementi essenziali del contratto di compravendita, e sulle obbligazioni del venditore, che sono essenzialmente quella di consegnare la cosa all’acquirente, idonea all’uso che ne è proprio.
L’articolata sentenza, inoltre, esamina le diverse norme poste a fondamento della disciplina della risoluzione del contratto per inadempimento di una delle parti, distinguendole dagli articoli di legge relative alle azioni edilizie specifiche della compravendita.
PROVA DELL’ESISTENZA DEI VIZI
Dall’esame dei diversi istituti giuridici che regolano la materia le Sezioni Unite giungono ad affermare il principio che pone fine ai contrasti giurisprudenziali, stabilendo che “in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi”.
E’, così, chiarito quale sia il soggetto su cui grava l’onere della prova nell’ambito dei processi volti a far valere la garanzia per l’evizione e ad ottenere la condanna del venditore alla restituzione o riduzione proporzionale del prezzo.