La Corte di Cassazione torna ad occuparsi della responsabilità delle banche e degli intermediari finanziari per danni causati ai clienti per operazioni finanziarie rischiose, in mancanza di adeguate informazioni, che la legge prevede come obbligatorie prima di effettuare l’investimento.
Normativa di settore
In particolare, tra i vari provvedimenti di settore che disciplinano gli obblighi informativi, ricordiamo il Regolamento Consob n. 11522 del 1° luglio 1998 di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, concernente la disciplina degli intermediari finanziari.
L’art. 28 del Regolamento, in particolare, prevede che prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati debbano chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio; essi, inoltre, devono consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio.
Operazioni finanziarie inadeguate
Il successivo art. 29 del Regolamento riguarda le “operazioni finanziarie non adeguate” e dispone che gli intermediari autorizzati devono astenersi dall'effettuare, con o per conto degli investitori, operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
Essi, inoltre, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, devono informarlo di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere; qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Il caso specifico
Con la sentenza n. 8212 del 27/4/2020 la Suprema Corte esamina il caso di due clienti di una banca – una delle quali, peraltro, dipendente della stessa – che avevano adito le vie legali per chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalle perdite subite a causa dell’acquisto di bond argentini.
La Banca convenuta, nel giudizio di primo grado e d’appello, si era difesa sostenendo che alcuna responsabilità poteva esserle addebitata, perché, tra le varie argomentazioni, era emerso che dopo quell’acquisto di titoli gli stessi clienti avevano ordinato all’istituto di credito di effettuare ulteriori acquisti della stessa tipologia e che, pertanto, essi erano consapevoli delle conseguenze dell’operazione finanziaria.
Inadempimento contrattuale
La Corte d’Appello, sulla base di tale rilievo mosso dalla banca, pur riconoscendone la violazione degli obblighi informativi imposti dalla legge, aveva tuttavia ritenuto non responsabile l’intermediario finanziario, per la scarsa rilevanza dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 del codice civile.
Secondo la norma richiamata, inserita tra gli articoli del codice civile dedicati alle ipotesi di risoluzione del contratto, l’inadempimento di una delle parti, per essere causa risolutiva del contratto, deve essere “di non scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione della corte territoriale, afferma il principio secondo cui in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, la sua gravità ai sensi dell'art. 1455 c.c. va sempre commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del negozio.
Interesse dei clienti
Nel caso specifico, l’interesse dei ricorrenti era quello di non concludere un contratto d’investimento altamente rischioso, senza essere prima stati informati adeguatamente ed aver dato, in piena consapevolezza, il consenso all’operazione.
La Suprema Corte, pertanto, ha cassato la sentenza di merito, la quale, pur avendo riscontrato l'inadempimento della banca circa gli obblighi informativi, aveva escluso l'importanza dell'inadempimento in ragione della successiva stipula, da parte del medesimo cliente, di un contratto di intermediazione finanziaria con identico oggetto; tale ultima circostanza, secondo la Cassazione, era ininfluente ai fini della valutazione del comportamento tenuto dalla banca nella prima operazione.