Una figura a cui sempre più si fa ricorso per il sostegno delle persone in difficoltà, siano esse anziani o soggetti con delle disabilità, è quella dell’amministratore di sostegno, introdotta in Italia dalla legge n. n.6/2004.
Le norme che regolano l’istituto sono quelle di cui agli articoli 404 ss. del codice civile, che consentono, a chi ha delle limitazioni che, tuttavia, non compromettono totalmente la sua capacità di agire ed attendere alle esigenze quotidiane, di farsi assistere negli atti di amministrazione straordinaria e, più in genere, nelle operazioni di maggiore complessità.
NOMINA DELL’AMMINISTRATORE
II beneficiario dell’amministrazione di sostegno, infatti, può compiere tutti gli atti che non richiedono la presenza dell’amministratore – così come indicati dal giudice tutelare nel provvedimento di nomina - conservando in ogni caso la capacità di compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana; egli, inoltre, può fare testamento, purché capace di intendere e di volere al momento dell’atto, può sposarsi e riconoscere i propri figli.
L’amministratore di sostegno viene nominato con ricorso al giudice tutelare del luogo di residenza o domicilio della persona inferma; il Giudice, assunta ogni opportuna informazione, provvede con decreto, sentito il beneficiario ed i suoi congiunti.
La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario; il giudice tutelare, pertanto, sceglierà preferibilmente l’amministratore tra i prossimi congiunti, quindi il coniuge o convivente, i parenti fino al quarto grado ma anche, in mancanza dei primi o qualora ravvisi ragioni di opportunità, un terzo.
COMPITI DELL’AMMINISTRATORE
Quanto ai compiti dell’amministratore, egli dovrà attenersi alle indicazioni date del giudice tutelare all’atto della nomina, con obbligo di rendicontare periodicamente le spese sostenute nello svolgimento della sua funzione e dovrà chiedere l’autorizzazione del giudice tutelare per gli atti di straordinaria amministrazione e quelli che comportano un mutamento rilevante nella vita e nel patrimonio dell’amministrato.
Restando nell’ambito delle funzioni attribuite all’amministratore di sostegno, segnaliamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12998 del 15/05/2019, che ha chiarito la portata dell’art. 408 c.c., nella parte relativa alla nomina anticipata dell’amministratore da parte dello stesso beneficiario.
DESIGNAZIONE FUTURA
In particolare, la norma appena richiamata, al secondo capoverso stabilisce che “l'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata”.
Il caso sottoposto all’esame della Corte Suprema riguardava la vicenda di un uomo che, affetto da una patologia venosa che gli avrebbe comportato invalidità sempre più rilevanti, aveva designato la moglie come amministratore di sostegno futuro; con lo stesso atto, inoltre, aveva dato disposizioni allo stesso coniuge, nella predetta qualità, di rifiutare emotrasfusioni, in quanto appartenente ai Testimoni di Geova.
Nel pronunciarsi, la Corte chiarisce preliminarmente che la procedura di nomina dell’amministratore non presuppone che la persona interessata versi in uno stato d’incapacità d’intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi.
DIRETTIVE SANITARIE
Quanto all’operatività dell’istituto, i giudici affermano che la designazione anticipata dell’amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in vista della propria eventuale futura incapacità, prevista dall’art. 408, comma 1, c.c., non ha esclusivamente la funzione di scegliere il soggetto che, ove si presenti la necessità, il giudice tutelare deve nominare, ma ha altresì la finalità di consentire al designante, che si trovi ancora nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, di impartire delle direttive vincolanti sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere in futuro all'amministratore designato.
Tali direttive, prosegue la Corte, possono anche prevedere il rifiuto di determinate cure, in quanto il diritto fondamentale della persona all’autodeterminazione, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, sancito dall’art. 32 Cost., dagli art. 2, 3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalle convenzioni internazionali, include il diritto di rifiutare la terapia, come nell’ipotesi di aderente alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova, che in sede di designazione anticipata abbia preventivamente manifestato la sua irrevocabile volontà di non essere sottoposto, neanche in ipotesi di morte certa ed imminente, a trasfusioni a base di emoderivati.