In materia di condominio la ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio avviene secondo i criteri di cui all’art. 1123 del codice civile, il quale stabilisce che tali spese sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Ripartizione delle spese condominiali
Ricordiamo che per "parti comuni" si intendono tutti quegli spazi, aree e manufatti destinati al soddisfacimento dei bisogni comuni e all’uso da parte della generalità dei condomini; se ne trova un’elencazione all’art. 1117 c.c., novellato dalla riforma in materia introdotta con la legge n. 220/2012, in cui si menzionano, a titolo esemplificativo, il suolo su cui sorge l’edificio, i muri maestri, i tetti e lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i porticati, le aree destinate a parcheggio, i locali della portineria, gli ascensori, gli impianti idrici e fognari, gli impianti centralizzati per la distribuzione del gas e dell’energia elettrica. Le spese per la gestione delle parti comuni, pertanto, vengono ripartite dall’amministratore del condominio pro quota, in base alle tabelle millesimali; ciò comporta che ciascun condomino è tenuto non per l’intero debito ma per la sola propria quota.
Legittimazione dell’amministratore di condominio
Nei confronti dei terzi - ad es. fornitori di luce e gas, imprese edili e di ristrutturazione, attività svolte da professionisti come avvocati o altri consulenti - per le spese sostenute nell’interesse comune è responsabile il condominio, rappresentato dall’amministratore in carica, il quale ha la legittimazione ad agire per conto del condominio e lo rappresenta in giudizio. Ciò significa che, in caso di morosità nel pagamento delle spese sostenute per far fronte a esigenze condominiali, destinatario degli avvisi di mora e degli atti giudiziari è l’amministratore di condominio, il quale ha facoltà di opporsi ai provvedimenti giudiziari, di costituirsi in giudizio e far valere le ragioni del condominio.
Impugnazione degli atti giudiziari
Facciamo l’esempio classico del decreto ingiuntivo notificato da un fornitore o da un’impresa per i lavori edili svolti nell’edificio: in questo caso, se si ritiene che le somme ingiunte non siano dovute, o siano dovute solo in parte, o addirittura sia il fornitore a dover rispondere di eventuali danni, sarà l’amministratore di condominio ad opporsi al decreto, nell’interesse della collettività dei condomini. Allo stesso modo, nel caso di notifica di atto di precetto e di successivi atti esecutivi, ad es. un atto di pignoramento presso terzi, sarà sempre l’amministratore a opporsi in giudizio, nel caso si ravvisino irregolarità nel titolo esecutivo o negli atti stessi.
Interesse del singolo condomino
Ciò detto, vi sono tuttavia dei casi in cui anche il singolo condomino può assumere l’iniziativa di opporsi a tali atti, in mancanza di opposizione da parte dell’amministratore, al fine di tutelare il proprio interesse pro quota a non pagare somme che egli ritiene non dovute. Sul punto si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5811/2022, relativa ad un caso in cui un professionista aveva notificato all’amministratore di un condominio un decreto ingiuntivo e un precetto, al fine di ottenere il pagamento delle spese per l’attività prestata nell’interesse del condominio medesimo. L’amministratore non si era opposto e, pertanto, un condomino aveva proposto opposizione tardiva al decreto, facendo valere la nullità della notifica, sul rilievo che il soggetto destinatario della stessa non era più l’amministratore in carica da diversi anni; il tribunale aveva accolto l’opposizione del condomino e la relativa sentenza veniva impugnata in Cassazione dal professionista.
Casi di nullità opponibili
Secondo i giudici della Suprema Corte, in base alla precedente pronuncia a Sezioni Unite 18 aprile 2019 n.10934, nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condomino ha una concorrente legittimazione ad agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota, operando la regola sulla rappresentanza dell’amministratore di cui al 1131 c.c. al solo fine di agevolare l'instaurazione del contraddittorio.
Dal che l’affermazione del principio per il quale "al condomino al quale sia intimato il pagamento di una somma di danaro in base ad un decreto ingiuntivo non opposto ottenuto nei confronti del condominio, va riconosciuta la disponibilità dei rimedi dell'opposizione a precetto e dell'opposizione tardiva al decreto, potendosi far valere, rispettivamente, mediante opposizione le ragioni di nullità del decreto ovverosia i vizi in cui sia incorso il giudice nel procedere o nel giudicare e con opposizione a precetto le ragioni che si traducono nella stessa mancanza del titolo esecutivo o in altri vizi del procedimento esecutivo”.