In altro articolo ci siamo occupati della questione relativa alla possibilità, per il singolo condomino, di utilizzare in modo esclusivo una parte dei beni comuni, questione oggetto di rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione, in base ad ordinanza interlocutoria n. 31420 del 02/12/2019 della Seconda Sezione della Corte di Cassazione.
In particolare, la controversia riguarda la natura giuridica e la portata del diritto d’uso dei singoli condomini sui beni condominiali, se, in particolare, possa farsi rientrare nella disciplina di cui all’art. 1021 c.c. oppure abbia diversa natura giuridica.
Uso dei beni comuni
Quest’ultima norma, in particolare, disciplina il diritto d’uso su qualsiasi tipo di bene, anche fruttifero, per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia; in base a precedenti pronunce della Cassazione, non può ricondursi a tale fattispecie il diverso vincolo “di uso esclusivo” di una parte di beni comuni, a favore di una singola proprietà, previsto nell’atto costitutivo del condominio.
Una prima conseguenza è nel fatto che il diritto d’uso di cui all’art. 1021 si estingue con la morte del beneficiario, non è dunque trasmissibile agli eredi; l’argomento è di rilievo soprattutto nella prassi notarile, che tende ad attribuire all’uso esclusivo sulle parti comuni la natura di diritto perpetuo e trasmissibile, anche per superare ostacoli legati alla regolarizzazione catastale.
Diritti reali e autonomia contrattuale
La questione, cui occorre dare soluzione, riguarda la possibilità di regolare i diritti reali (cioè i diritti sui beni) attraverso l’autonomia privata, mediante rapporti contrattuali; in particolare, per quanto concerne l’argomento oggetto della sentenza, se possa regolarsi in modo diverso il diritto d’uso di cui all’art. 1021 c.c., adattandolo alle esigenze dei beni condominiali.
Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione alcuni condomini rivendicavano la proprietà dei cortili esterni, ritenuti di pertinenza esclusiva dei propri locali al piano terra e utilizzabili solo da loro, mentre gli altri condomini si opponevano affermando che si trattasse di spazi comuni, come tali fruibili da tutti.
Le Sezioni Unite della Cassazione
Ebbene, le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate sul punto con la sentenza n. 28972 del 17 dicembre 2020, che ha ripercorso i diversi orientamenti espressi sia in giurisprudenza che in dottrina, partendo in particolare dalla sentenza n. 24301/2017; in base a tale pronuncia si è affermato che l'«uso esclusivo» su parti comuni dell'edificio, riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex articoli 1102 e 1117 c.c.. Tale diritto non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'articolo 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede.
Ritengono le Sezioni Unite che il tema del c.d. «diritto reale di uso esclusivo» di parti comuni dell'edificio in ambito condominiale debba essere risolto affermando che l'uso è uno dei modi attraverso i quali può esercitarsi il diritto, e forma parte intrinseca e caratterizzante, del suo contenuto.
Ciò non esclude la possibilità di un «uso» più intenso da parte di un condomino rispetto agli altri, tanto più che l'articolo 1123, secondo comma, c.c. contempla espressamente la possibile esistenza di cose destinate a servire i condomini «in misura diversa», regolando il riparto delle spese in proporzione dell'uso.
Tassatività dei diritti reali
Il principio affermato dalle Sezioni Unite, pertanto, è che “la pattuizione avente ad oggetto la creazione del c.d. diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell’edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall’art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi”.
Le Sezioni Unite, con tale sentenza, hanno chiarito definitivamente che non si possono creare, contrattualmente, diritti reali, in quanto questi ultimi sono già previsti tassativamente dalla legge; nel caso di uso esclusivo su parti comuni dell’edificio in condominio, pertanto, non si fa luogo alla creazione di un diritto reale ma ad una ampliamento dell’uso a vantaggio di un singolo e a discapito di altri.