La legge non stabilisce una soglia minima al di sotto della quale non è consentito al creditore di pignorare i beni del proprio debitore insolvente.
La Corte di Cassazione, tuttavia, in una recente ordinanza, la n. 24691/2020, collega l'importo minimo del pignoramento all’interesse ad agire del creditore, nel senso che, laddove non si ravvisi quest’ultimo, non è configurabile il diritto a procedere ad esecuzione forzata.
Il caso esaminato dalla Cassazione
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte un soggetto aveva notificato un precetto per una somma irrisoria, inferiore a € 50, pari al residuo di un precedente pignoramento eseguito nei confronti dello stesso soggetto debitore; quest'ultimo, a sua volta, si era opposto all'esecuzione iniziata dal creditore, eccependo, tra l'altro, l'esiguità della somma precettata.
Sia in primo grado che in appello i giudici avevano dato ragione al debitore; per questa ragione il creditore aveva fatto ricorso in Cassazione, affermando in primo luogo che i giudici non potessero valutare discrezionalmente il diritto di agire in via esecutiva sulla base dell'importo pignorato.
Mancanza di interesse ad agire per importi esigui
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso del creditore, conferma un orientamento già espresso in passato, in base al quale, in tema di procedimento esecutivo, qualora il credito di natura esclusivamente patrimoniale sia di entità economica oggettivamente minima, difetta ex art. 100 del codice di procedura civile l'interesse a promuovere l'espropriazione forzata, dovendosi escludere che ne derivi la violazione dell'articolo 24 della Costituzione; ciò in quanto la tutela del diritto di azione va contemperata con le regole di correttezza e buona fede, nonché con i principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi ex articolo 111 della Costituzione e 6 CEDU.
Competenza per valore
Il principio enunciato dalla Suprema Corte non si pone in contrasto con le regole generali del processo civile, che non pongono alcun limite all'azione civile.
La competenza per valore dei Giudici, infatti, non prevede un valore minimo a partire dal quale è possibile far valere i propri diritti; l’art. 7 del codice di procedura civile, che individua la competenza per valore del Giudice di pace, cioè dell’autorità giudiziaria chiamata a dirimere le controversie di importo minore, non stabilisce una soglia minima ma indica, come valore massimo della competenza, l’importo di € 5.000, nonché di € 20.000 per le cause di risarcimento danni da sinistri stradali.
Correttezza e buona fede processuale
L’affermazione della Corte di Cassazione, massimata nell’ordinanza oggi considerata, si comprende tenendo presente che il processo esecutivo prende il via dal pignoramento di beni del debitore da parte del creditore procedente e si conclude con l'assegnazione o la vendita coattiva dei beni stessi ed il riparto del ricavato tra i creditori procedente e gli altri eventuali intervenuti nel processo; non può, pertanto, ritenersi conforme alla regola della correttezza e della buona fede l’espropriazione di beni, di cui il debitore viene spogliato e privato, per importi irrisori, venendo in tal caso a mancare l’interesse ad agire del creditore.