Le attività imprenditoriali in forma societaria normalmente iniziano con la costituzione per atto pubblico e l’iscrizione nel registro delle imprese; da quel momento l’esistenza della società viene resa nota ai terzi ed i rapporti giuridici vengono regolati dalle disposizioni del codice civile in materia.
SOCIETA’ IRREGOLARI
Per le società di persone (società semplici, in accomandita semplice e in nome collettivo)è tuttavia possibile che l’impresa venga esercitata anche in mancanza di registrazione; si parla in tal caso di società “irregolare”, nel senso che essa può compiere le attività per cui si è costituita ma ai terzi non è opponibile alcuna limitazione di responsabilità né alcun accordo interno.
DISCIPLINA DELLA S.S.
Per questo motivo alla società irregolare sono applicabili le norme previste per la società semplice, dunque tutti i soci rispondono personalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, la responsabilità sociale si presume in capo ad ogni socio che agisce per la società, i diritti nascenti dal rapporto sociale si prescrivono nel termine ordinario di 10 anni anziché nel più breve termine di 5 anni previsto dall’art. 2949 c.c..
SOCIETA’ DI FATTO
Dalle società irregolari si distinguono le società di fatto, anche se a volta le due tipologie possono sovrapporsi; in particolare le società di fatto, oltre a non essere iscritte nel registro imprese, sono prive di atti formali che ne sanciscono la costituzione, in quanto nascono dal semplice consenso espresso tra soggetti che intendono svolgere un’attività imprenditoriale in comune, intenzione che può risultare anche da fatti concludenti, cioè da comportamenti posti in essere dai soci di fatto, tali da far ritenere che essi siano riconducibili ad un assetto societario.
Anche le società di fatto sono soggette alla disciplina delle società semplici e non possono prevedere limitazioni di responsabilità.
ELEMENTI PRESUNTIVI
Per individuare l’esistenza di una società di fatto la giurisprudenza fa ricorso agli elementi costitutivi della società, elencati all’art. 2247 c.c., cioè il conferimento in comune di beni e/o servizi e lo scopo di lucro, cioè il conseguimento di un guadagno da ripartire; è a questi elementi che, pertanto, occorre far riferimento per stabilire se un’attività economica sia riconducibile o meno ad una società di fatto.
Nel corposo contenzioso giudiziario – di natura prevalentemente tributaria, in quanto conseguente ad accertamenti da parte del fisco nei confronti di soggetti la cui attività, presumibilmente riconducibile a società di fatto, non sia stata dichiarata come tale – la Corte di Cassazione ha dettato alcuni principi interpretativi utili per orientarsi in questo campo.
I PRINCIPI DETTATI DALLA CASSAZIONE
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto insufficiente, al fine dell’individuazione di una società di fatto, una mera presunzione fondata su sporadici e saltuari atteggiamenti assunti da parte dei soggetti interessati, bensì occorre la prova dell’esistenza di un contratto sociale, verificando la sussistenza di avvenuti conferimenti di beni o servizi, la ripartizione di profitti e perdite nonché di un fine sociale e dell’ “affectio societatis”, cioè la volontà di collaborazione e di raggiungimento di un risultato comune (Cass. 16 Febbraio 1970 n. 361; Cass. 26 Marzo 1994 n. 2985).
Ancora, è stato affermato che, qualora l’Amministrazione finanziaria ritenga che un’attività imprenditoriale possa essere riferita ad una società di fatto, grava su di essa la prova della concreta esistenza della medesima società, non essendo sufficiente la prova di un’apparenza esterna (Cass. 23 Aprile 1991 n. 4415).