Nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami sul medesimo (tra cui i pignoramenti e le ipoteche), determina il trasferimento del diritto oggetto della procedura espropriativa libero da quei pesi e quindi la contestuale estinzione dei medesimi vincoli, dei quali il Conservatore dei registri immobiliari (oggi Ufficio provinciale del territorio - Servizio di pubblicità immobiliare, istituito presso l'Agenzia delle Entrate) è tenuto ad eseguire la cancellazione immediatamente, in ogni caso indipendentemente dal decorso del termine di proponibilità delle opposizioni esecutive a norma dell'art. 617 cod. proc. civ..
Sezioni Unite della Cassazione
E’ questo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 28387 del 14 dicembre 2020, nella quale viene preso in considerazione il ricorso di un soggetto che aveva subito il pignoramento, e la successiva vendita all’asta dell’immobile di sua proprietà; egli aveva tentato di opporsi al decreto di trasferimento, eccependo diversi motivi di illegittimità, tutti respinti dal Tribunale.
Tra i motivi di ricorso, il soggetto espropriato aveva eccepito l’avvenuta cancellazione dei gravami sull’immobile, ad opera del Conservatore, senza che fosse decorso il termine di legge per proporre opposizione al decreto di trasferimento, emesso dal Giudice dell’esecuzione.
Decreto di trasferimento dell’immobile
Per chiarire, ricordiamo che nelle vendite giudiziarie, una volta aggiudicato l’immobile all’acquirente, il giudice emana un decreto di trasferimento, che costituisce il titolo d’acquisto della proprietà del bene; con il medesimo decreto, che deve essere trascritto nei Registri immobiliari, il giudice ordina al Conservatore di provvedere alla cancellazione dei gravami esistenti sul bene, come il pignoramento e l’ipoteca.
Secondo le Sezioni Unite, tale adempimento del Conservatore prescinde da ogni indagine sull’esecutività del titolo, in quanto non rientra nei compiti dell’amministrazione pubblica opporre veti all’ordine del giudice.
Ciò anche alla luce di quanto espresso in precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. 11116/2020) e ribadito nella sentenza oggi presa in considerazione, secondo cui la finalità sottesa alla procedura esecutiva immobiliare ed alla vendita forzata del bene pignorato è la tutela giurisdizionale del creditore; eventuali contrastanti interessi, quali quello del debitore a contenere i disagi, non sono presi in considerazione dalla legge.
Esula, pertanto, dai fini del processo esecutivo, che non ha natura di contenzioso, quello di limitare i danni a chi vi è assoggettato, salvo la possibilità per tale soggetto, di far valere le proprie ragioni in sede di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c.
Casi di sospensione dopo l’aggiudicazione
Quanto alla sospensione dell’esecuzione, successivamente all’aggiudicazione dell’immobile, secondo la Suprema Corte si ha tale possibilità se:
a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione;
b) emerga che nel procedimento di vendita vi siano state interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa;
c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione;
d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti nè conoscibili dalle altre parti prima di essa.