Quali norme generali disciplinano la regolamentazione dei rumori eccessivi?
La fonte normativa più importante è il DPCM del 14 novembre 1997, il quale stabilisce i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi, commerciali ed industriali.
Tale decreto suddivide il territorio in sei classi acustiche:
- Classe I: Aree particolarmente protette (es. parchi pubblici, ospedali);
- Classe II: Aree prevalentemente residenziali;
- Classe III: Aree di tipo misto;
- Classe IV: Aree di intensa attività umana;
- Classe V e VI: Aree prevalentemente ed esclusivamente industriali.
Per ciascuna classe, il decreto stabilisce limiti di rumore in decibel (dB) per il periodo diurno (6:00-22:00) e per il periodo notturno (22:00-6:00). Ad esempio, per le aree residenziali (Classe II), il limite di rumore è fissato a 55 dB per il giorno e 45 dB per la notte.
La normativa sancisce altresì quali sono le conseguenze per il superamento dei limiti di rumorosità stabiliti e indicazioni per l'eventuale adeguamento delle strutture e delle attività alle normative applicabili al caso di specie, considerato che, in caso di superamento dei limiti di rumore, gli enti locali e i responsabili delle attività rumorose possono essere tenuti a risarcire i danni cagionati.
Quali norme civili, penali e comunali?
Oltre al D.P.C.M. sussiste tutta un'altra serie di norme che occorre tenere in considerazione, tra cui:
- art. 844 c.c. il quale sancisce che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi;
- art. 659 c.p. per cui, chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o intrattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309;
- i singoli regolamenti comunali che dovrebbero utilizzare come linea guida il citato D.P.C.M.
Il caso dei rumori cagionati dalle manifestazioni durante le festività estive
Durante l'estate è noto che molti Comuni organizzano varie manifestazioni ed eventi. Come sempre, in queste occasioni, è necessario trovare un equilibrio tra il diritto dei cittadini al divertimento e la necessità di proteggere i residenti dai rumori eccessivi.
Nel caso esaminato, alcune persone hanno deciso di intraprendere un'azione legale contro la pubblica amministrazione, a causa dei rumori insopportabili che si protraevano fino a tarda notte, superando i limiti di tollerabilità e compromettendo il godimento del loro appartamento utilizzato come residenza estiva.
Il Tribunale, verificato tramite CTU il superamento della soglia massima di dB consentiti, ha stabilito equamente un risarcimento di mille euro per ciascun residente. Il Comune ha impugnato la sentenza in appello, ma il risarcimento è stato aumentato a 3mila euro in accoglimento dell'appello incidentale dei residenti. Il Comune ha quindi impugnato la decisione della Corte d'Appello in Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
In primo luogo, il Comune ha cercato di contestare la validità della CTU effettuata in primo grado, sostenendo che si sarebbe dovuto fare riferimento al regolamento delle attività rumorose adottato dal consiglio comunale nel 2004 (che consente, per manifestazioni e spettacoli all'aperto, un limite di 70 decibel), invece delle previsioni del DPCM del 1997. Tuttavia, la censura è stata respinta, poiché “i limiti posti dai singoli regolamenti, compreso quello richiamato dal Comune, sono puramente indicativi, in quanto anche immissioni che rientrano in quei limiti possono considerarsi intollerabili nella situazione concreta, tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche della zona e delle abitudini degli abitanti”.
La Cassazione, condannando il Comune, ha inoltre sottolineato che l'ente pubblico ha l'obbligo di non provocare immissioni rumorose ed "è responsabile dei danni causati dalla lesione dei diritti soggettivi dei privati, provocata da immissioni provenienti da aree pubbliche. Può quindi essere condannato al risarcimento del danno, così come a porre in essere tutti quei comportamenti necessari per riportare le immissioni al di sotto della soglia di normale tollerabilità"(Cass. civ. n. 14209/2023).