I rapporti contrattuali di conto corrente, come ogni altro tipo di contratto “per adesione”, sono caratterizzati dall’essere predisposti unilateralmente dall’istituto di credito, il quale sottopone i moduli da sottoscrivere al cliente, che, se vuole aprire il conto, deve accettare le clausole contenute nel contratto.
Sbilanciamento degli interessi
Si tratta, già solo per questo, di un rapporto negoziale sbilanciato, nel quale il soggetto più forte, la banca, detta le condizioni contrattuali.
Le norme in materia, prime fra tutte quelle contenute nel Testo Unico Bancario, come anche la legislazione a tutela del consumatore, prevedono tuttavia una serie di garanzie per il cliente, ad esempio imponendo obblighi di trasparenza e di informazione a carico degli intermediari finanziari.
I principi affermati dalla Cassazione
Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione, con le sue massime, tende a riequilibrare le posizioni contrattuali, come dimostrano alcune sentenze relative a controversie sui rapporti dare-avere nei conti correnti.
In particolare, circa l’onere della prova, la Suprema Corte afferma un principio che assume valenza diversa a seconda che lo si applichi al cliente o alla banca; la Corte ritiene, infatti, che nei rapporti bancari in conto corrente la banca non può sottrarsi all'onere di provare il proprio credito invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell'ultima registrazione, in quanto tale obbligo, volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all'attività imprenditoriale, non può sollevarla dall'onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore (fra tutte Cass. 7972/2016).
Onere della prova per la banca
La banca, pertanto, che agisce in giudizio nei confronti del correntista, è tenuta ad esibire tutti gli estratti conto, a partire dalla data di apertura del conto, pur se questo sia risalente nel tempo e superi i dieci anni, termine stabilito dal T.U.B. come obbligo di conservazione delle scritture contabili per le banche (Cass. n. 9365/2018 ).
Né essa può opporre la tesi del cosiddetto “saldo zero”, in base alla quale, avendo il giudice a disposizione solo gli estratti conto dell’ultimo periodo, dovrebbe procedersi ad un azzeramento del saldo risultante dal primo estratto conto disponibile, per effettuare quindi il conteggio degli estratti conto successivi, ripartendo da zero.
Onere della prova per il correntista
La prospettiva cambia dal lato del correntista, nel caso in cui sia lui ad agire nei confronti dell’istituto di credito per ottenere la restituzione degli interessi indebitamente percepiti dalla banca.
Nell’ordinanza n. 5887 del 4 marzo 2021, infatti, si afferma che secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, il correntista che agiscein via di ripetizione è tenuto a fornire la prova che talune delle somme percepite dalla banca, come appostate sul conto a debito del cliente, siano prive di una valida causa debendi (cfr., per tutte, Cass., n. 24948/2017).
Prova diversa dagli estratti conto
A ciò, tuttavia, non consegue necessariamente che il cliente debba sempre e comunque produrre tutti gli estratti conto relativi all'intero svolgimento temporale del conto; la giurisprudenza della Corte ha infatti chiarito che il giudice del merito deve in ogni caso valutare la possibilità che la prova dell'indebito sia desumibile in maniera diversa dagli estratti conto.
È improprio considerare gli estratti conto come "veicolo di una prova legale" di fatti che invece sono suscettibili di prova libera, cioè dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell'ambito del suo prudente apprezzamento (Cass., n. 29190/2021).
Il correntista, che agisce in ripetizione, può inoltre limitare la propria pretesa a un dato periodo di svolgimento del conto, con una domanda di ripetizione per un determinato periodo di svolgimento del conto.