In un altro articolo ci siamo occupati di un caso di operazione bancaria consistente nella “contestualizzazione” di un’iscrizione di ipoteca su di un immobile a fronte di un finanziamento concesso precedentemente ad un proprio cliente, per riposizionarlo.
L’operazione, diffusa nei rapporti bancari, consiste nell’iscrivere ipoteca, a favore della banca, su di un bene immobile di proprietà del cliente debitore, non per far fronte ad un mutuo contestuale all’ipoteca stessa ma per garantire un debito pregresso scaduto, “riposizionandolo” con un nuovo finanziamento.
Fallimento del mutuatario
La finalità è quella di garantire alla banca, nel caso di fallimento del cliente o nelle altre ipotesi di insolvenza, di fare salvo il proprio credito grazie alla natura privilegiata del credito ipotecario, nonché alla disciplina del T.U.B., che assicura alle banche di essere soddisfatte per prime in caso di vendita dell’immobile ipotecato.
Il caso, giunto in cassazione, si era concluso con l’ordinanza la n. 16081/2019, con la quale la Suprema Corte rimetteva la questione ad altra sezione della medesima Cassazione, per decidere se decidere se l’operazione fosse revocabile, ad opera del curatore fallimentare, o dovesse essere dichiarata parzialmente annullabile nella parte in cui trasformava un credito non privilegiato in credito ipotecario.
Trasformazione del mutuo ordinario in fondiario
Con altra recente pronuncia, la n. 3024 del 10.02.2020, la I sezione della Corte di Cassazione affronta l’argomento, insistendo sulla distinzione tra mutuo ordinario e mutuo fondiario, in relazione alla possibilità, per l’istituto di credito e rogante, di iscrivere ipoteca sui beni del mutuatario a fronte della concessione del finanziamento.
Il caso, analogo al precedente, aveva per oggetto il ricorso presentato da una banca, che, anni addietro, aveva concesso ad un proprio cliente imprenditore un finanziamento, stipulando un contratto di mutuo ordinario; dopo qualche tempo il mutuatario aveva iniziato a non versare i ratei del finanziamento ed a mostrare i primi segnali d’insolvenza, fino a giungere al fallimento.
Quattro mesi prima della dichiarazione di fallimento la banca, d’accordo con il cliente, aveva estinto il mutuo ordinario, azzerando le passività esistenti, stipulando un contratto di mutuo fondiario per lo stesso importo, iscrivendo, a garanzia, ipoteca su di un immobile di proprietà del cliente; la finalità sottesa a tale operazione era, per la banca, quella di salvare il proprio credito, insinuandolo al passivo del fallimento come credito “ipotecario”, dunque con il grado maggiore di privilegio riconosciuto dalla legge, anziché come semplice credito “chirografario”, come sarebbe stato per il credito originato dal finanziamento o mutuo ordinario.
Crediti privilegiati e chirografari
Ricordiamo che i crediti chirografari sono i crediti non assistiti da alcun “privilegio” di legge, cioè quelli che non hanno alcun diritto di prelazione rispetto ai crediti privilegiati e che, pertanto, nel riparto finale delle somme ottenute dalla liquidazione dei beni del fallito, hanno scarsa probabilità di essere soddisfatti.
I crediti ipotecari, all’opposto, godono della massima prelazione, in particolare nel caso di ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario erogato da una banca, anche grazie alle leggi speciali in materia.
Revocabilità dell'ipoteca
Tornando alla questione della legittimità dell’operazione di “riposizionamento” del credito con “contestualizzazione” dell’ipoteca la Cassazione afferma che, nel caso specifico, con tale negozio indiretto la banca volesse perseguire l’intenzione fraudolenta di trasformare il proprio credito da chirografario a privilegiato, in tal modo andando a ledere gli altri creditori.
Il principio generale affermato dai giudici di legittimità, in definitiva, è che un mutuo non può, nel corso dello svolgimento del relativo rapporto, diventare fondiario e, nel caso di ipoteca posta a servizio di un preesistente mutuo, quest'ultimo rimane semplicemente un mutuo ordinario.
La conclusione, per la Cassazione, è la legittimità del provvedimento con cui il tribunale fallimentare, su azione del curatore fallimentare, aveva revocato l’ipoteca iscritta dalla banca, ammettendo al passivo il credito come chirografario e non come ipotecario.