In un precedente articolo ci siamo occupati delle misure di protezione del patrimonio nell’ambito della Composizione negoziata della crisi d’impresa, di cui al decreto-legge 118/2021, convertito nella legge 147/2021.
Richiesta delle misure protettive
Abbiamo visto che, a seguito della presentazione dell’istanza per l’accesso alla Composizione negoziata, sulla piattaforma telematica della Camera di commercio, è possibile chiedere contestualmente l’applicazione delle misure di protezione del patrimonio previste dell’art.6 del d.l. 118/2021. Si tratta di provvedimenti con cui il Tribunale competente per territorio, su ricorso dell’imprenditore medesimo, può disporre la sospensione delle procedure esecutive e cautelari, cioè i pignoramenti mobiliari e immobiliari, i sequestri, nonché le procedure per la dichiarazione di fallimento e le altre procedure concorsuali. Il periodo della sospensione va dai 30 ai 120 giorni, prorogabili fino ad un massimo di 240 giorni e il provvedimento può essere revocato o modificato, qualora il giudice ritenga che siano venute meno o siano cambiate le ragioni della concessione delle misure.
Giurisprudenza di merito
Sull’argomento si sta creando una copiosa giurisprudenza di merito, con sentenze dei diversi Tribunali che in tutto il Paese si stanno occupando di questo recente istituto; le sentenze di primo grado, come noto, sono appellabili, dunque, allo stato, non è possibile ricavare principi generali di diritto in materia, come per la giurisprudenza della Cassazione. È pur utile, tuttavia, conoscere gli orientamenti delle diverse sedi giudiziarie specializzate in materia d’impresa per comprendere meglio le applicazioni della nuova legge.
Il caso
In proposito riportiamo una sentenza del Tribunale di Asti del 3 marzo 2022, causa RG 66/2022, nella quale l’imprenditore, con il parere favorevole dell’esperto nominato dalla Camera di Commercio ai fini della negoziazione della crisi, aveva chiesto, tra le altre misure di protezione del patrimonio, la sospensione dello sfratto intimatogli dal proprietario del locale nel quale egli svolgeva l’attività di ristorazione. Alla richiesta di sospensione dello sfratto si opponeva un creditore, ritenendo che la sospensione prevista dal d.l. 118/2021 dovesse riguardare solo le procedure relative a beni di proprietà dell’impresa, non anche beni intestati a terzi, come nel caso dell’immobile locato all’impresa ammessa alla negoziazione.
Sfratto dell’impresa
La decisione del Tribunale di Asti, che autorizza la sospensione dello sfratto, è interessante vista anche la possibile applicazione ai tanti casi, frequenti, in cui l’impresa è esercitata in immobili in locazione, durante la quale, a causa della crisi, può verificarsi che il conduttore non sia più in grado di versare i canoni e, di conseguenza, venga sfrattato dal proprietario. Secondo il Giudice investito della causa, il tenore letterale dell’art. 6 del d.l. citato è tale da ricomprendere, tra i beni oggetto di procedure esecutive e cautelari, anche i beni intestati a terzi, soprattutto ove si tratti delle sedi in cui l’impresa svolge la propria attività. Lo scopo della norma, infatti, è proprio quello di salvaguardare la vita dell’impresa, nel periodo di durata della Composizione negoziata, per cui l'esecuzione dello sfratto finirebbe per vanificare la finalità stessa della legge, in quanto priverebbe l’impresa della possibilità di continuare la propria attività.
Trattative con i creditori
Nel caso specifico, il divieto di avviare la procedura di rilascio dell’immobile è apparso funzionale allo svolgimento delle trattative con i creditori, nonchè con la stessa proprietaria e con l’attuale conduttrice dell’immobile, finalizzate al raggiungimento di un accordo che consentisse il risanamento dell’impresa e la prosecuzione dell’attività, senza che ciò comportasse un sacrificio sproporzionato per i creditori e per la locatrice, tenuto conto del limite temporale delle misure fissato dalla legge (120 giorni) e della possibilità di revocarle o abbreviarle, come previsto dall’art. 7, comma 6, d.l. 118/21.