L’art. 2910 del codice civile consente al creditore di espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile, per conseguire quanto gli è dovuto. Rientrano nella definizione di “beni”, oltre ai mobili e immobili, anche i beni cosiddetti “immateriali”, cioè il denaro, i titoli, gli utili in generale.
Pignoramento presso terzi
Tra le varie forme di pignoramento quello più frequentemente utilizzato è il pignoramento presso terzi, così chiamato in quanto viene notificato anche a un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio tra debitore e creditore, nelle ipotesi in cui il terzo sia tenuto nei confronti del debitore al versamento di somme a diverso titolo.
Tipico è il pignoramento del conto corrente presso l’istituto di credito con cui il debitore intrattiene rapporti bancari e finanziari; le somme depositate sul conto possono essere pignorate e vincolate fino al provvedimento del giudice che ne dispone l’assegnazione.
Una volta ricevuta la notifica dell’atto di pignoramento la banca ha 10 giorni di tempo per dichiarare al creditore, a mezzo Pec o lettera raccomandata, l’ammontare delle somme depositate a nome del proprio cliente e se su queste somme vi sono precedenti pignoramenti.
Vincolo del conto
Dal momento del ricevimento dell’atto la banca è obbligata a non disporre delle somme pignorate, che saranno vincolate alla procedura espropriativa; ciò significa che per il debitore il conto sarà “bloccato”, nel senso che non potrà prelevare alcuna somma e che, in caso di bonifici o accrediti ulteriori, questi saranno vincolati fino a concorrenza del credito per cui si procede, aumentato, per legge, della metà.
A seguito della dichiarazione del terzo il creditore, chiederà al Tribunale l’assegnazione delle somme dichiarate; il giudice a sua volta, esaminata la regolarità degli atti, se non vi sono opposizioni ordinerà l’assegnazione richiesta dal creditore, il quale comunicherà il provvedimento alla banca, che verserà la somma al soggetto assegnatario.
Quote di fondi comuni d’investimento
Un tema sul quale molto si dibatte è la possibilità di pignorare quote di fondi comuni d’investimento, in particolare chi sia il soggetto “terzo” nei cui confronti possa essere eseguito il pignoramento. L’art. 1, lett. J T.U.F. definisce il fondo comune di investimento come l’Organismo di investimento Collettivo del Risparmio (OICR) costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, istituito e gestito da un gestore (SGR, società di gestione del risparmio).
La banca depositaria, presso cui sono depositati i titoli del fondo comune d’investimento, ha invece il compito di amministrare e custodire i beni del fondo per conto della SGR. Ulteriore soggetto interessato è la banca collocataria, che raccoglie materialmente le sottoscrizioni dei propri clienti, attraverso le filiali o la rete dei consulenti finanziari.
Cassazione n. 4653/2007
In merito alla pignorabilità, con esecuzione presso terzi, delle quote del fondo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4653/2007, ha affermato che tutte le volte in cui “il titolo di credito è in possesso di un terzo, com’è nel caso del deposito di titoli in amministrazione (art. 1838 c.c.), che attribuisce al depositario la legittimazione ad esercitare per il depositante i diritti nascenti dal titolo, ma non gli trasferisce la titolarità del credito, il pignoramento ben si può eseguire presso il terzo, perché, così facendo, non si determina il pericolo che chi è debitore in base al titolo possa essere chiamato a pagare due volte a causa della circolazione del titolo”.
E, pertanto, “rientra nei doveri del custode, e perciò dell’intermediario costituito tale per effetto del pignoramento, eseguire la registrazione del vincolo nel conto da lui tenuto”.
Tribunale di Mantova
A tale sentenza ha fatto riferimento la giurisprudenza successiva, anche di merito; in proposito si segnala una decisione del Tribunale di Mantova, ordinanza del 1.4.2021, relativa a un caso di opposizione all’esecuzione da parte di una SGR, terzo pignorato, il quale aveva dichiarato, nella dichiarazione prescritta ex art. 543 cpc, che il cliente, debitore espropriato, era titolare di quote di fondi comuni d’investimento, ma che il relativo certificato non era nella disponibilità della SGR, ma di un’altra società, la banca depositaria.
Secondo il Tribunale tale circostanza è irrilevante, atteso che “va condiviso l’orientamento che ha riconosciuto l’ammissibilità del pignoramento presso terzi, essendo il titolo una cosa del debitore posseduta dal terzo stesso (Cass. Civ. Sez. III 28/2/07 n. 4653) ed essendo, la banca depositaria, tenuta all’immediata restituzione su richiesta del depositante".
È ammissibile, pertanto, il pignoramento presso terzi di quote di fondo comune di investimento quando il titolo che le rappresenta è costituito da certificato fisico al portatore che si trovi presso il terzo in forza di un rapporto che non gli attribuisce la titolarità del diritto".