Frequenti sono le azioni di risarcimento danni nei confronti dei Comuni, come degli enti cui è affidata la manutenzione delle strade, per sinistri occorsi a causa di buche o altre insidie stradali, segnaletiche che traggono in inganno e, in generale, difetti di manutenzione della strada, di cui l’ente proprietario e il gestore sono tenuti a garantire l’efficienza.
Cose in custodia
In tutte queste ipotesi, la responsabilità civile dell’ente pubblico deriva dalla norma civilistica di cui all’art. 2051 c.c., relativo alla cose in custodia; in base a tale disposizione ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Come in ogni azione civilistica chi chiede il risarcimento dei danni derivanti da caduta causata da una buca stradale o da cattiva manutenzione del manto stradale è tenuto alla dimostrazione dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, cioè con quel tratto di strada dove è presente la buca.
Prova dell’insidia
In materia di responsabilità civile della p.a. per cattiva manutenzione delle strade, tuttavia, non è sufficiente per il danneggiato tale prova, ma occorre che egli dimostri il carattere "occulto", cioè non visibile, della buca; deve trattarsi, cioè, di "insidia", tale da non consentire, o rendere estremamente difficile, evitarla.
Sul punto la giurisprudenza ha, in diverse occasioni, affermato che il danneggiato non è tenuto, in ogni caso, a dimostrare l'imprevedibilità e non evitabilità dell'insidia, gravando sull’ente pubblico la prova di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale potesse presentare, per l'utente, una situazione di pericolo occulto, nel cui ambito rientra anche la valutazione della sua prevedibilità e visibilità rispetto alle concrete condizioni in cui l'evento si verifica (fra tutte Cass. 11802/2016).
Prove documentali e testimoniali
Vediamo, allora, quali sono gli strumenti probatori a disposizione del danneggiato per dimostrare l’esistenza della buca nonché il fatto della caduta collegata all’insidia.
In primo luogo valgono le prove documentali, tra cui rientrano il verbale degli organi di polizia eventualmente intervenuti, ma anche i rilievi fotografici. Per dimostrare il nesso di causalità, tuttavia, occorre generalmente anche la prova testimoniale di chi, presente al momento del sinistro, possa riferire sul fatto.
Riguardo alla prova testimoniale relativa alla "non visibilità" della buca, dunque al carattere insidioso del tratto di strada dove si è verificato l’evento dannoso, segnaliamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 35146/2021, nella quale vengono affermati importanti principi.
Non visibilità della buca
Tra di essi, l’affermazione secondo cui la circostanza che un capitolo di prova per testimoni sia formulato sotto forma di interrogazione negativa non costituisce, di per sè, causa di inammissibilità della richiesta istruttoria; in particolare, chiedere a un testimone se una cosa reale fosse visibile o non visibile è una domanda che non ha a oggetto una "valutazione", ed è dunque ammissibile, fermo restando il potere-dovere del Giudice di valutare, ex post, se la risposta fornita si basi su percezioni sensoriali oggettive o su mere supposizioni.
Viene, in tal modo, consentito ai testimoni di confermare, o meno, la "non visibilità della buca", trattandosi di una percezione del soggetto, non di valutazione, elemento, quest’ultimo, escludibile dalla prova. Al principio così affermato dovranno conformarsi i giudici dei Tribunali nella valutazione delle prove testimoniali in generale e nei casi specifici di sinistri causati da insidie stradali.