Chi ha ristrutturato la propria casa o il proprio ufficio, affidandosi per i lavori ad un’impresa edile, conosce le problematiche derivanti dalla constatazione dei difetti e della difformità delle opere rispetto a quanto concordato. Frequenti sono i casi in cui, una volta verificati i vizi o accertata la difformità, il committente decida di interrompere il pagamento pattuito, ritenendo che l’impresa sia stata inadempiente e che, pertanto, non le spetti l’intero corrispettivo.
Disciplina dell’appalto
Va detto subito che la disciplina applicabile ai lavori di ristrutturazione è quella dell’appalto, regolata al codice civile dagli artt. 1655 e seguenti; in questo tipo di contratto l’obbligazione principale dell’appaltatore è quella di eseguire le opere "a regola d’arte", cioè con perizia e conformemente al progetto e al capitolato approvato dal committente. Per questo motivo la legge prevede che l’appaltatore sia tenuto alla garanzia per i vizi e le difformità delle opere compiute fino all’accettazione da parte del committente, che può essere espressa oppure tacita, cioè manifestata attraverso fatti concludenti che esprimono la volontà di accettare l’opera.
Denuncia dei vizi
Qualora il committente, in caso di opere realizzate non a regola d’arte, voglia ottenere il risarcimento dei danni, o la rimozione degli stessi o ancora una riduzione proporzionale del prezzo, egli deve innanzitutto denunziare all’appaltatore i vizi riscontrati entro il termine di 60 giorni dalla scoperta. La denunzia può essere fatta anche con una semplice lettera nella quale vengono contestati i difetti imputabili all’appaltatore; è necessario, tuttavia, che i vizi siano elencati, anche se non specificati nel dettaglio.
In proposito la giurisprudenza ha affermato, infatti, che non è necessaria una denuncia specifica e analitica delle difformità e dei vizi dell’opera, tale da consentire l’individuazione di ogni anomalia, essendo sufficiente a impedire la decadenza del committente dalla garanzia cui è tenuto l’appaltatore una pur sintetica indicazione delle difformità (Cass. n. 11520/2001). La denunzia dei vizi, al contrario, non è necessaria se l’appaltatore li ha riconosciuti o, al contrario, li ha resi "occulti"; tale ultima ipotesi si verifica quando dolosamente l’impresa abbia fatto in modo di rendere i vizi non immediatamente riscontrabili dal committente, nascondendoli o non comunicandoli.
Azione di responsabilità
In ogni caso il termine di prescrizione per esercitare l’azione di responsabilità dell’appaltatore è di due anni dalla consegna dell’opera; imprescrittibile è, invece, l’eccezione di responsabilità, che il committente può sempre esercitare nei confronti dell’impresa appaltatrice, quando sia stata questa a citare in giudizio il primo per ottenere il pagamento o il saldo della prestazione svolta. Dal punto di vista giudiziale, l’appaltatore che si vede rifiutare il pagamento integrale può ricorrere al giudice per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del committente; se quest’ultimo ritiene che vi sia stato inadempimento nell’esecuzione delle opere egli potrà opporsi al decreto ingiuntivo, chiedendo la risoluzione del contratto e la restituzione degli acconti versati, oltre, eventualmente, il risarcimento dei danni subiti.
Onere della prova
Dal punto di vista probatorio, la Cassazione è unanime nell’affermare che in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 cod. civ., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive; ciò comporta che l’appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l’onere – allorché il committente sollevi l’eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione – di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (fra tutte Cass. 1634/2020).
In breve, nel caso in cui il committente possa dimostrare, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, di aver denunziato i vizi nei termini di legge, sarà onere dell’appaltatore dimostrare di aver eseguito tutte le opere a regola d’arte e di aver diritto, pertanto, al pagamento del corrispettivo pattuito.