Usucapione dell’immobile pervenuto in base a titolo nullo

Il possesso continuato ed ininterrotto di un bene immobile per almeno 20 anni consente, al possessore, di acquistarne la proprietà, qualora egli abbia posto in essere atti idonei a manifestare la sua intenzioni di agire come proprietario (art. 1158 c.c.).
Un particolare tipo di usucapione è quella decennale, disciplinata all'art. 1159 c.c., in base al quale chi acquista in buona fede un immobile da chi non ne è proprietario, in base ad un titolo idoneo a trasferire la proprietà, debitamente trascritto, ne acquista la proprietà con il possesso continuato ed ininterrotto per 10 anni.

 

ACQUISTO IN BUONA FEDE

Si parla, in proposito, di acquisto “a non domino”, per indicare che chi ha trasferito il bene, non ne era proprietario, dunque non era legittimato a farlo; in queste ipotesi il trasferimento potrebbe essere annullato o revocato, tuttavia gli effetti del trasferimento vengono fatti salvi con l’usucapione decennale.
Se, infatti, a seguito del trasferimento del bene l’avente causa (acquirente o donatario), in buona fede, cioè convinto della bontà del contratto, ne mantiene il possesso in modo continuato ed ininterrotto per 10 anni, egli può chiedere l’accertamento in giudizio dell’avvenuta usucapione del bene stesso, a condizione che il contratto di trasferimento sia stato trascritto nei Registri immobiliari.

 

TRASCRIZIONE DEL TITOLO

La trascrizione del titolo di trasferimento è, infatti, requisito necessario per il verificarsi dell’usucapione “abbreviata”, che si distingue da quella ventennale proprio per la presenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà.
Come ha precisato la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 21796/2019, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidata, l’operatività dell’usucapione abbreviata anche in presenza di titolo nullo è giustificata dal fatto che il requisito relativo all’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale, che sia stato debitamente trascritto, dev’essere inteso nel senso che esso, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, dev’essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato effettivamente titolare.

 

COMPRAVENDITA VERBALE

Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte nell’ordinanza anzidetta un soggetto aveva acquistato verbalmente, senza cioè formalizzare il trasferimento con un rogito notarile, un immobile, già in suo possesso (meglio, detenzione) a titolo di locazione.
Si tratta di casi raramente riscontrabili nella realtà ma che, tuttavia, possono verificarsi in particolari circostanze, come ad esempio un’urgenza abitativa risolta con accordo verbale, con l’impegno di futura regolarizzazione del titolo di proprietà.
Il periodo di detenzione dell’immobile, tuttavia, come rileva la Corte, non può essere ritenuto utile ai fini dell’usucapione, occorrendo dimostrare che vi sia la consapevolezza di un nuovo titolo, che attribuisca all’acquirente il possesso e, di fatto, la proprietà del bene.

 

INTERVERSIONE DEL POSSESSO  

Sulla base del principio richiamato i giudici di legittimità affermano che nell’ipotesi di compravendita nulla perché eseguita in forma verbale, cui le parti abbiano dato esecuzione con la consegna delle chiavi ed il pagamento del prezzo, si può riconoscere l’esistenza di un possesso utile ai fini dell’usucapione solo in presenza di atti idonei a configurare l’interversione del possesso, cioè il mutamento della detenzione (tipica ad es. della locazione) in possesso.
A tale scopo non sono apprezzabili atti come il cambio di residenza o l’intestazione delle utenze di gas e luce, occorrendo far ricorso ad altri elementi che rivelino l’ “animus possidendi”, cioè l’intenzione di tenere l’immobile come proprietario e lo svolgimento di attività riconducibili al diritto di proprietà.

pubblicato il 14/10/2019

A cura di: Daniela D'Agostino

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