Nel novero delle liti condominiali o di vicinato sono frequenti i contenziosi relativi alle immissioni e propagazioni nocive provenienti dalla proprietà confinante; si tratta soprattutto di casi di rumori eccessivi e prolungati provenienti da locali, bar o discoteche o di esalazioni emesse da ristoranti o esercizi simili, tali da rendere intollerabile, per i proprietari degli immobili vicini, la prosecuzione delle normali attività.
SOGLIA DI TOLLERABILITA’
Il discrimine della legittimità o meno della propagazione, infatti, è individuato dalla legge proprio nella soglia di tollerabilità: l’art. 844 del codice civile, infatti, prevede che “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo anche alla condizione dei luoghi”.
La stessa norma stabilisce che l’autorità giudiziaria chiamata a dirimere la controversia deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, potendo anche tener conto della priorità di un determinato uso.
Nei giudizi volti all’accertamento delle immissioni, pertanto, il giudice dovrà verificare, con l’aiuto di un consulente tecnico, se vi è stato superamento della soglia di tollerabilità, tenuto conto delle singole unità di misura propria di ciascuna fonte, nonché della vicinanza dei luoghi e degli effetti sulla salute.
Una volta accertato il superamento dei limiti di tollerabilità il responsabile delle propagazioni sarà tenuto a risarcire i danni subiti da coloro che hanno agito nei suoi confronti e che siano in grado di fornire la prova della lesione subita.
RISARCIMENTO DEI DANNI
A tal proposito ricordiamo che i danni risarcibili per effetto delle immissioni possono essere di natura patrimoniale o non patrimoniale, legati cioè allo stress ed alla alterazione delle normali attività quotidiane o del riposo notturno.
Sul punto la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1606/2017, ha precisato che il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla piena e libera esplicazione delle abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti.
Inoltre, precisa sempre la Corte, ai fini del risarcimento non è necessario che il fatto illecito integri, in concreto, un reato piuttosto che un altro, né occorre una condanna penale passata in giudicato ma è sufficiente che il fatto stesso sia soltanto astrattamente previsto come reato, con la conseguenza che il giudice civile dovrà limitarsi ad accertare la sussistenza, secondo la legge penale, degli elementi costitutivi di una fattispecie incriminatrice.
RESPONSABILITA’ DEL PROPRIETARIO
Altro argomento sul quale è intervenuto un chiarimento della Cassazione è quello della responsabilità del proprietario dell’immobile da cui provengono le immissioni, nel caso in cui esso sia locato a terzi.
Il caso esaminato nell’ordinanza n. 4908/2018 riguardava la richiesta di risarcimento danni avanzata da un condominio di cui faceva parte un immobile, situato al piano terra, adibito ad attività di intrattenimento e ristorazione; i condomini lesi avevano citato in giudizio sia il gestore del locale sia il proprietario dell’immobile, soggetto che tuttavia riteneva di non essere in alcun modo responsabile delle immissioni rumorose.
Il principio affermato dalla Suprema Corte sul punto è che in materia di immissione intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi.
NESSO DI CAUSALITA’
E’ necessario, quindi, per ritenere responsabile il proprietario dell’immobile che via sia un nesso di causalità tra la condotta del proprietario e le immissioni intollerabili, nel senso che deve essere dimostrato – da chi si ritiene danneggiato – che il proprietario abbia partecipato alla produzione delle immissioni o comunque le abbia in qualche modo favorite.
Nello specifico, al fine di configurare la sussistenza di una colpa del proprietario dell’immobile si doveva accertare se, al momento in cui il locale veniva concesso in locazione, questi potesse o non potesse prevedere con l’ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.