Chiunque abbia accumulato uno o più debiti nei confronti di soggetti privati o pubblici è esposto al rischio di vedersi pignorare i propri beni.
FORME DI ESPROPRIAZIONE
Delle diverse forme di pignoramento abbiamo trattato in altri articoli; qui ricordiamo che il creditore, una volta ottenuto un titolo che attesti il proprio credito (sentenza, decreto ingiuntivo o di natura non giudiziale, quale un titolo bancario o finanziario) può agire esecutivamente nei confronti del debitore, dando corso all’espropriazione e vendita forzata dei suoi beni mobili e immobili.
Possono essere pignorati, oltre che beni mobili ed immobili, anche crediti che il debitore ha verso terzi a diverso titolo, conti correnti, stipendi e pensioni, quote di società, marchi e brevetti e tutto ciò che possa essere “liquidato” per poi essere distribuito al creditore procedente ed agli altri eventualmente intervenuti nella procedura espropriativa.
INCAUTO PIGNORAMENTO
E’, tuttavia, possibile che chi agisce esecutivamente nei confronti del soggetto pignorato abbia torto, perché, ad esempio, dopo la sentenza che ha condannato il debitore questi ha provveduto a saldare il suo debito, oppure perché, dopo la sentenza di primo grado, il debitore l’ha impugnata in appello e in quella sede i giudici hanno dato ragione a lui.
In questi casi, se il pignoramento è andato avanti, giungendo anche alle fasi finali dell’espropriazione, ad esempio con la messa all’asta del bene espropriato, il debitore sicuramente subisce un danno, di cui può chiedere il risarcimento a colui che l’ha ingiustamente privato dei suoi beni.
DIRITTO AL RISARCIMENTO
La norma che sancisce tale diritto è l’art. 96 del codice di procedura civile, che disciplina la responsabilità aggravata di chi ha agito in giudizio, in qualunque fase del processo, con mala fede o colpa grave.
Tale norma, in particolare al 2° comma, prevede che il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza.
Per ottenere il risarcimento dei danni da “incauto pignoramento” occorre, dunque, che il giudice accerti preventivamente l’inesistenza del diritto di colui che ha agito esecutivamente pignorando i beni della parte danneggiata.
OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
Al fine di consentire al debitore pignorato di opporsi all’espropriazione e di eccepire l’illegittimità del pignoramento l’ordinamento individua lo strumento processuale dell’opposizione all’esecuzione o, per vizi formali del titolo, agli atti esecutivi.
In sede di opposizione il debitore può, pertanto, oltre che chiedere al giudice di annullare gli effetti del pignoramento iniziato, anche chiedere la condanna dell’altra parte al risarcimento dei danni provocati dall’incauta esecuzione.
E’ quella la sede più appropriata, mentre è da ritenersi generalmente inammissibile un autonomo giudizio di risarcimento, salvi casi eccezionali.
LA CASSAZIONE
Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, nella recente sentenza n. 28527/2018, nella quale i giudici di legittimità hanno affermato che "la domanda di risarcimento del danno derivato dall'incauta trascrizione d'un pignoramento, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., comma 2, può essere proposta in via autonoma solo: (a) quando non sia stata proposta opposizione all'esecuzione, nè poteva esserlo; (b) ovvero quando, proposta opposizione all'esecuzione, il danno patito dall'esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di un danno nuovo ed autonomo, e non d'un mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione".
La massima fa riferimento alla trascrizione del pignoramento, che si ha solo nel caso di pignoramento di immobili o beni mobili registrati come gli autoveicoli, in quanto il caso oggetto di giudizio riguardava proprio il pignoramento di un terreno da parte di un istituto bancario, il cui diritto di credito, negli anni a seguire, era stato ritenuto dai giudici infondato.
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione, tuttavia, ha portata generale e deve ritenersi applicabile in tutti i casi di pignoramento incauto che abbia cagionato un danno al soggetto ingiustamente espropriato.