Prescrizione di 5 anni per le cartelle esattoriali

Il contribuente a cui sia stata notificata una cartella esattoriale può opporsi ad essa, per vizi formali del titolo o irregolarità della notifica, come pure per motivi di merito, cioè per contestare il diritto dell’ente creditore e dell’ente di riscossione a procedere all'esecuzione coattiva nei suoi confronti.

Una delle eccezioni di merito più frequenti è quella della prescrizione del diritto di credito attestato nella cartella esattoriale; il rimedio in questi casi, qualificabile come opposizione all’esecuzione, non è soggetto ad alcun termine di decadenza ma la relativa azione è comunque soggetta alle regole in materia di prescrizione.

TERMINE DI PRESCRIZIONE

Il problema spesso dibattuto in giurisprudenza sul punto riguarda il termine di prescrizione, se esso debba considerarsi quinquennale, come in genere è la prescrizione dei contributi e delle tasse, oppure decennale, in virtù di un principio largamente riconosciuto che vorrebbe applicare gli effetti dell’art. 2953 c.c.

In base a tale norma, i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni.

Secondo una parte minoritaria della giurisprudenza tale effetto si applicherebbe anche ai casi di cartella di pagamento, per cui il termine da osservare per la prescrizione dei crediti sarebbe quello ordinario decennale.

L’ORIENTAMENTO MAGGIORITARIO DELLA CASSAZIONE

L’orientamento maggioritario della Corte di Cassazione, al contrario, esclude l’estensione della norma suddetta alle cartelle esattoriali, affermando che “l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la decorrenza del termine per l'opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione” (Cass. Civ., Sez. V., sentenza 25 maggio 2007, n. 12263).

Sempre secondo la Suprema Corte l’art. 2953 cit. è applicabile solo laddove il diritto di credito sia divenuto definitivo in seguito ad una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato, in caso contrario si applica la prescrizione breve (Corte Cass. SU 10.12.2009 n. 25790 cfr. Cass. civ. Sez. V, Sent., 19 luglio 2013, n. 17669).

LE SEZIONI UNITE

A chiarire definitivamente ogni dubbio sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, precisando che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 cod. civ.; diversamente, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 (Corte Cass. SU 10.12.2009 n. 25790).

Sulla base di tali principi si può affermare che la cartella esattoriale notificata dopo il termine di 5 anni dall’iscrizione a ruolo del tributo, non oggetto di accertamento in giudizio conclusosi con sentenza passata in giudicato, è certamente prescritta e può essere opposta dal contribuente.

ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE

Occorre, in ogni caso, tener presente che la prescrizione può essere interrotta da atti mediante i quali l’ente creditore avvisa il contribuente dell’accertamento nei suoi confronti e lo invita ad effettuare il pagamento.

Gli atti interruttivi prolungano il termine di prescrizione, nel senso che a partire da quell’atto decorre un nuovo termine di prescrizione, in questo caso quinquennale.

La dimostrazione di aver posto in essere atti interruttivi incombe sulla parte creditrice, dunque, per le cartelle esattoriali, sull’Agenzia delle Entrate, che, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, dovrà produrre copia delle comunicazioni inviate nel quinquennio al contribuente; in mancanza di tale prova il diritto dell’ente pubblico si considererà prescritto.  

pubblicato il 15/03/2019

A cura di: Daniela D'Agostino

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