Il risarcimento contrattuale ed extracontrattuale
Nel caso di danno al motore cagionato da contaminazione della benzina o del gasolio è possibile domandare tutela sotto due diversi ma collegati aspetti, quello della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Ai sensi dell'art. 1218 c.c. quando una delle parti non adempie correttamente ad un obbligo previsto da un contratto sorge il diritto al risarcimento del danno. Il creditore danneggiato in questo caso dovrà solo dimostrare l'esistenza del contratto, l'inadempimento ed il danno in concreto subito. Il debitore dovrà invece risarcire il danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
L'illecito extracontrattuale definito dall'art. 2043 c.c. ha tutto un altro significato e ben altra portata in quanto il danno si genera, nella maggior parte dei casi, al di fuori di un rapporto contrattuale. In questo senso il rubricato articolo stabilisce che “qualsiasi fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcirlo”. La differenza fondamentale rispetto all'altra tipologia esaminata consiste nel fatto che in quest'ultimo caso, la vittima deve provare il danno, il nesso causale tra il fatto illecito e il danno, e la colpa o il dolo del responsabile.
Nei confronti di quale soggetto è possibile domandare il risarcimento?
Come in ogni vendita “a catena” l'acquirente di un bene difettoso ha una doppia tutela, potendo agire sia nei confronti dell'intermediario che del produttore. Nella vendita a catena di beni di consumo, come appunto l'acquisto del carburante, all'acquirente spettano, ai sensi dell'art. 131 del D.Lgs. n. 206 del 2005, l'azione contrattuale, esperibile nei confronti del diretto venditore, per l'ipotesi di difetto di conformità del bene, mentre quella extracontrattuale contro il produttore, per il danno sofferto in ragione dei vizi che rendono la cosa pericolosa.
Il consumatore, cliente finale del prodotto, potrà pertanto rivolgere la sua domanda di risarcimento anche in via diretta al suo immediato venditore, proprio quale ultimo anello della detta catena e suo dante causa.
L'onere della prova
In caso di carburante contaminato, il riparto dell'onere della prova è strutturato in modo che l'attore debba semplicemente dimostrare di essersi rifornito presso il distributore e che il veicolo ha subito dei danni proprio in forza del citato rifornimento. Si tratta in genere di questioni che sono risolte a mezzo di una consulenza tecnica d'ufficio in quanto la determinazione delle cause della rottura sono spesso rimesse alla valutazione di un tecnico specializzato.
La Cassazione, con sentenza n. 3373/2010, ha comunque stabilito che “in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, o per l'adempimento, deve solo provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi a allegare l'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Tale criterio di riparto dell'onere della prova è applicabile anche quando il debitore, convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno, solleva l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., invertendo i ruoli delle parti: il debitore eccipiente allega l'inadempimento altrui, mentre il creditore agente deve dimostrare il proprio adempimento o la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione.”
Il caso esaminato dal Tribunale
Il Tribunale di Bergamo si è recentemente espresso relativamente alla vendita di carburante. L'attore richiedeva il risarcimento dei danni subiti dalla sua auto dopo un rifornimento presso la stazione di servizio del convenuto che aveva, a dire di quest'ultimo, erogato gasolio contaminato da acqua.
La convenuta si costituiva contestando la legittimazione a richiedere il risarcimento sostenendo che l'azione doveva essere esercitata contro il produttore e che l'attore non aveva denunciato tempestivamente il vizio.
Il Tribunale rigettava tutte le eccezioni preliminari della convenuta, riconoscendo la legittimazione come proprietario del veicolo, e stabiliva inoltre che l'azione diretta contro l'immediato venditore era legittima e che il termine per la denuncia del vizio decorreva dal momento della scoperta del problema, il che avveniva solo con l'analisi del carburante incriminato.
Di conseguenza, condannava il distributore a risarcire l'attore per i danni subiti, oltre agli interessi legali, e a rimborsare metà delle spese legali sostenute.