Per chi ha debiti ed è proprietario di casa, una delle preoccupazioni più grandi è quella di evitare che essa venga pignorata.
Per far ciò, la legge consente di addivenire ad accordi con i creditori, sia nella fase precedente al pignoramento, accedendo agli strumenti stragiudiziali di composizione della crisi da sovraindebitamento, sia nel corso del pignoramento, tramite l’istanza “di conversione” da presentare al Giudice dell’esecuzione.
Limiti per i crediti degli enti pubblici
A tutela del bene “prima casa”, inoltre, il nostro ordinamento pone dei limiti alla possibilità, per l’ente riscossore dei debiti verso lo Stato, di iniziare un pignoramento sul bene medesimo: con il decreto legge n. 69/2013, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, all'art. 52, comma 1, lettera g), è stato, infatti, modificato l'art. 76, comma 1 del D.P.R 602/1973 recante "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito".
Dal 2013, in sostanza, l’ente di riscossione non può più pignorare la prima casa del contribuente indebitato, ad alcune condizioni:
- la casa in questione deve essere l’unica di sua proprietà;
- deve essere stata adibita a civile abitazione;
- in essa è fissata la residenza del debitore;
- non è accatastata in A/8 e A/9, categorie relative agli immobili di lusso.
Soglia di € 120.000
Oltre a ciò, è previsto un limite del credito dello Stato che, se al di sotto di € 120.000, non può procedere al pignoramento della prima casa. Riguardo a tale ultimo aspetto va detto che con il d.l. n. 50 del 24 aprile 2017 è stato consentito all'agente di riscossione di procedere esecutivamente se il contribuente ha un debito di almeno € 120.000 e se il valore catastale di tutti gli immobili di sua proprietà è almeno di 120.000 euro.
Quando, pertanto, l’Agenzia delle Entrate può pignorare la prima casa? Quando concorrono le seguenti condizioni: il debito è superiore a 120mila euro; la somma del valore di tutti gli immobili di proprietà del debitore raggiunge 120mila euro; sull’immobile oggetto di pignoramento è stata iscritta ipoteca per i debiti nei confronti dello Stato e da quel momento sono decorsi 6 mesi senza che sia avvenuto il pagamento.
In queste ipotesi il debitore può evitare il pignoramento presentando istanza di rateazione delle cartelle esattoriali; se il pignoramento non è ancora iniziato l’Agenzia delle Entrate attenderà il pagamento delle somme rateizzate, se invece è già iniziato la legge ne prevede la sospensione.
Possibilità di intervenire nella procedura esecutiva
Nel caso, invece, in cui concorrano le condizioni per l’impignorabilità della prima casa da parte dell’agente di riscossione il limite riguarda la possibilità di iniziare la procedura esecutiva; se, pertanto, un altro creditore privato ha iniziato il pignoramento e ha iscritto a ruolo la procedura esecutiva in Tribunale, l’Agenzia delle Entrate può intervenire in essa e far valere il proprio credito.
Ciò significa, in sintesi, che l’ente riscossore, se ha un credito inferiore alla soglia predetta, non potrà pignorare la prima casa del soggetto debitore, ma potrà aggiungersi ad altri eventuali creditori privati nella procedura esecutiva.
Limite all’iniziativa giudiziaria per l’ente riscossore
Vi è, tuttavia, un altro limite, specificato dalla giurisprudenza (tra tutte, di recente, una sentenza del Tribunale di Lecco del 29.11.2021), in base al quale, non solo l’ente riscossore non può avviare un pignoramento sulla prima casa per crediti inferiori al limite anzidetto, ma altresì non può compiere atti d’impulso nella procedura esecutiva.
In concreto ciò significa che se l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nella procedura esecutiva avviata da altri creditori, ma questi successivamente abbiano rinunciato all’azione esecutiva – a motivo, ad esempio, di un accordo esterno con il debitore – l’Agenzia non potrà proseguire l’esecuzione e il Giudice della procedura dovrà estinguerla, fatte salve le eventuali spese legali.